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La maturazione dell’impasto a temperatura controllata. GABRIELE RAIMONDI·MARTEDÌ 21 MAGGIO 2019·
Come in altre occasioni il mio ingrato compito è di remare controcorrente , immagino la serie di improperi che mi arriveranno , a mia discolpa cerco di portare le cosi dette “pezze di appoggio” come ho sempre fatto , continuando nello spirito di condivisione che mi ha sempre contraddistinto. Ho sempre letto nelle discussioni che si instaurano sui social tra amanti e operatori dell'arte bianca la parola “maturazione" che è entrata a far parte del lessico comune , e che indica l’idrolisi delle macromolecole (amido, proteine , lipidi) nei loro monomeri che li costituiscono. E su queste reazioni biochimiche sono stati scritti fiumi di parole , qualcuno addirittura si è addentrato a costruire (con molta fantasia) tabelle dalle quali si desume il tempo necessario per arrivare ad una giusta maturazione in base alle caratteristiche reologiche di una farina . La convinzione generale che introducendo l’impasto ad una temperatura controllata (t.c. come viene definito nelle varie discussioni) in frigo si riesca in qualche maniera a rallentare quasi a 0 la lievitazione mentre invece si è sempre supposto che la cosi detta “maturazione” prosegua e che quindi sia questa la soluzione per far si che maturazione e lievitazione arrivino assieme al traguardo. Perché si è sempre supposto che la maturazione continui anche a temperature basse . La verità scientifica è un’altra : mettere l’impasto in frigo vuol dire metterlo in stand by , metterlo in pausa sia come lievitazione che come processi di idrolisi delle macromolecole . Gli enzimi deputati come catalizzatori alle reazioni di idrolisi delle macromolecole e cioè il gruppo delle amilasi , le proteasi e lipasi hanno un andamento in funzione della temperatura molto simile al grafico sotto riportato .
http://wwwdata.unibg.it/dati/corsi/95003/7...tica%202016.pdf Vale a dire che a zero gradi l’attività di questi enzimi si annulla , aumentando la temperatura questa attività raggiunge un massimo appena prima che l’enzima raggiunga la temperatura di denaturazione. Ritornando al nostro impasto messo nel frigo , inizialmente l’impasto ha una temperatura attorno ai 20-23°C (temperatura alla fine dell’impasto) che man mano si riduce in funzione del volume e quindi della quantità di impasto , molto prima se sono i classici panielli e più lentamente se nel frigo immettiamo l’intero impasto . Una volta raggiunta la temperatura ipotetica di 4°C sia la lievitazione che la maturazione si riducono drasticamente quasi a zero. Non è vera quindi l’ipotesi che la maturazione continui più velocemente che la lievitazione (che quasi si ferma) , e che quindi la bassa temperatura copra il gap tra tempo di maturazione e tempo di lievitazione nelle farine di forza. In realtà invece questi distinti processi sono solamente quasi azzerati , dico quasi perché si arrestano a zero gradi. Sotto aggiungo alcuni link di pubblicazioni tratte dalla letteratura che rendono l’idea di quanto sopra ho detto. https://staticmy.zanichelli.it/catalogo/as...5896_04_CAP.pdf https://paperap.com/paper-on-effect-temper...tracted-barley/ http://www2.hkedcity.net/sch_files/a/bch/b.../enzymes-02.pdf www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0263876213003559 https://www.researchgate.net/publication/2...is_Isolate_AI20 www.japsonline.com/admin/php/uploads/44_pdf.pdf L’ ho scritto in altre occasioni che con la parola maturazione per quanto riguarda le proteine si identifica un processo di parziale idrolisi delle proteine e invece di una esplicita depolimerizzazione del macropolimero di glutenina . Come saprete la gliadina nell’impasto viscoelastico rappresenta la viscosità , mentre invece la glutenina rappresenta l’elasticità. Nel cosi detto reticolo proteico si sviluppano dei complessi macropolimeri di glutenina , questa complessità è molto marcata nelle farine di forza . Quindi ritornando alla nostra maturazione , durante questo periodo abbiamo una parziale proteolisi delle proteine che coinvolgono sia le albumine che le globuline e in parte gliadine e glutenine , si è supposto in alcune pubblicazioni che questa possa essere quantificata in circa un 5% massimo. Mentre invece quello che incide sulla estensibilità (che è quello che interessa) è la depolimerizzazione del macropolimero di glutenina , che vuol dire che da una grande molecola complessa si ottengono dei polimeri meno complessi ma non aminoacidi come si pensava . www.academia.edu/13357246/Fluorescence_Labeling_of_Wheat_Proteins_for_Determination_of_Gluten_Hydrolysis_and_Depolymerization_during_Dough_Processing_and_Sourdough_Fermentation La depolimerizzazione del GMP (glutenin macropolymer) aumenta l’estensibilità dell’impasto.
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