Linee guida per grandi lievitati

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    Produzione di grandi lievitati



    Aspetti generali

    Un corretto impastamento e una maglia glutinica strutturata sono fondamentali per ottenere un buon prodotto. Il poco impastamento produce un glutine poco resistente e con poca capacità contenitiva sia per i gas prodotti dalla fermentazione, sia per gli altri ingredienti, in particolare i grassi.
    Gli impasti con farine forti, come quelle usate per i grandi lievitati, devono essere lavorati a sufficienza per sviluppare la totalità del glutine e dunque ottenere il massimo volume durante la lievitazione e la cottura. Non bisogna però esagerare per non stressare la maglia glutinica. Infatti, ogni farina può essere lavorata per il massimo della sua estensibilità: se lavorata di meno, si svilupperà proporzionalmente alla sua estensibilità, se lavorata di più il risultato sarà peggiore. A tal fine, effettuare periodicamente la prova velo per verificare la struttura raggiunta. Appena vela procedere con l’inserimento dei successivi ingredienti, ma non prolungare troppo l’impastamento per evitare di superare il limite di lavorabilità della farina.

    Prima di analizzare le specificità relative al primo e al secondo impasto, è opportuno discutere alcune linee generali che valgono per la maggior parte dei grandi lievitiati.

    1. L’impasto non deve essere scaldato troppo e non dovrebbe mai superare i 28° in fase di lavorazione. Con temperature superiori si favoriscono LAB omofermentanti con eccessiva acidificazione lattica che rovina la maglia glutinica e può portare, se in eccesso, alla separazione dell’impasto al momento dell’inserimento dei grassi (soprattutto il secondo impasto). Nel caso in cui la temperatura salisse troppo durante l’impastamento raffreddare l’impasto con ingredienti freddi oppure spianare sul marmo unto per 10/15’ (o ancora transitare in frigorifero). Non esagerare con le soste per evitare che parta la lievitazione rendendo poi difficile il prosieguo dell'impastamento.

    2. Iniziare sempre a bassa velocità, specialmente i primi 20’ del secondo impasto, per consentire una migliore idratazione della farina e una maglia più strutturata (minore acqua libera). Aumentare la velocità impastamento troppo presto fa si che la maglia si inizi a formare prima che la farina sia ben idratata, comportando un minore sviluppo in cottura.

    3. Prima di aggiungere lo zucchero assicurarsi che la maglia sia formata totalmente (lo zucchero crea delle microlacerazioni della maglia). Lo zucchero deve essere a grana molto fina e va aggiunto a pioggia con la macchina in movimento. La granulometria dello zucchero incide sulla capacità di legare acqua.

    4. Fare estremamente attenzione al momento giusto per inserire i grassi; da questo dipende la quasi totalità del risultato finale. I grassi interagiscono con la maglia glutinica: se aggiunto troppo presto i legami proteici verrebbero parzialmente impediti creando problemi di tenuta della maglia in maniera proporzionale alla quantità di burro inserita. Invece, se inserito correttamente il burro migliora lavorabilità e estensibilità.

    5. Più si salvaguardia la maglia in fase di impastamento, migliore sarà il risultato finale. Inserire ogni ingrediente poco per volta (tuorlo a filo, zucchero a pioggia lentamente, burro poco per volta).

    6. Il sale non va aggiunto all’inizio perchè creerebbe una maglia troppo tenace e con rischio di strappature. Viceversa, se messo troppo tardi potrebbe non diluirsi bene. A metà impasto (15’ prima di chiudere, dopo 30’ dall’inizio del 2° impasto) migliora l’estensibilità e non interferisce con l’azione dei lieviti. Inoltre, rafforzando la maglia facilita il successivo inserimento del burro.

    7. Le tempistiche di impastamento sono solo indicative e poco importanti, la struttura deve essere ben formata (anche se non si deve oltrepassare il punto di impastamento per evitare di stressare la maglia).

    8. Per quanto riguarda la farina da usare, per avere una miglior consistenza al morso si raccomandano farine forti per il primo impasto 360W P/L 0,65 e farine più deboli, 300-330W, per il secondo.


    Primo impasto

    Il primo impasto andrebbe chiuso esattamente a 27/28°; temperature inferiori implicano allungamenti consistenti delle tempistiche. E' dunque essenziale regolare la temperatura di chiusura con l’inserimento del burro (freddo o a TA a seconda della temperatura raggiunta). Con la mia spirale, per avvicinarmi alla temperatura corretta parto sempre da acqua a 30°, tuorli da frigo e burro a 18° (la seconda dose di acqua e tuorli si avvicinerà alla temperatura ambiente mentre si incorda la prima serie di ingredienti); ma questo dipende molto da quanto scalda la macchina.

    Ultimamente, come consigliato da Giambattista Montanari (se non avete letto PH 4.1 fatelo perchè è un qualcosa di eccezionale), aggiungo sempre estratto di malto diastatico (4500/5000 UP, in ragione del 2% sulla farina) che funge da regolatore della fermentazione. Inserire malto diastatico nel primo impasto, grazie alle amilasi che forniscono disponibilità continua di zucchero pronto per i lieviti e LAB, riduce il rischio di acidificazione lattica, e quindi di problemi nel secondo impasto. Attenzione solo al potere diastatico (personalmente mi sono fatto riempire un barattolo di un Kg da un mio amico panettiere, la marca migliore è la Diamalt).

    Per quanto riguarda le modalità di impastamento (con la spirale, tuffante, o planetiaria che sia) se ne sentono di tutte i colori. Il risultato non cambia se l'impasto è fatto bene. Ognuno si trova bene con il proprio metodo, questo è il mio (stessa cosa dicasi per il secondo impasto nella prossima sezione):

    1. formare uno sciroppo con zucchero (semolato fine), il 25% di acqua (30°) sul peso della farina, il 30% di tuorli e l’estratto di malto. Meglio non partire da sciroppi freddi che eviterebbero problemi di surriscaldamento, ma che potrebbero rallentare il processo fermentativo del primo impasto;

    2. aggiungere il lievito e far schiumare alla massima velocità per un paio di minuti e aggiungere tutta la farina lavorando a velocità bassa (130 giri) fino al formarsi della maglia (circa 15’). L’incordatura non deve essere assolutamente a ferro. Appena l’impasto ha fatto la maglia e c’è un buon velo (non eccessivamente duro) iniziare con gli altri ingredienti. Un eccesso di lavorazione dell’impasto nella fase della formazione della maglia lo surriscalderebbe, il glutine perderebbe acqua e l’impasto diventerebbe appiccicoso, con il rischio di un’eccessiva lavorazione dell’impasto e danni permanenti di struttura. In alternativa, è possibile incordare l’impasto senza il lievito, aggiungendolo solamente a maglia formata. Questa tecnica riduce il rischio di shock termici per il LN;

    3. aggiungere i restanti tuorli in due volte, aumentando al massimo fino a che non riprende la corda e poi riportandolo a velocità. Le uova sono inserite in questa fase perché la lecitina aiuta ulteriormente la formazione della maglia e qualora non fosse stata perfettamente formata nella fase precedente consente di risolvere il problema (stesso principio con la crema nel secondo impasto, se prevista dalla ricetta);

    4. aggiungere la restante acqua e chiudere con il burro a 16/18°.


    Lievitazione: mettere l’impasto in un mastello imburrato, fare qualche piega tipo stratch and fold per ossigenare ulteriormente, ungere con del burro morbido la superficie e far lievitare scoperto a 25/26° con UR 70-80% fino a che non abbia più che triplicato il volume iniziale (1+2,5, anche 1+3). Quadruplicare sarebbe ancora meglio se si lavora con un lievito poco acido e se la farina usata è sufficientemente forte; in tal caso freddare molto velocemente il primo impasto per evitare che vada troppo oltre. Se l’impasto è stato chiuso troppo freddo, fargli fare un paio di ore a 30° per far partire i lieviti, e poi abbassare a 25/26°. È fondamentale che sia almeno triplicato, altrimenti le fasi successive di lievitazione si allungherebbero esponenzialmente. Il tempo necessario varia a seconda della ricetta e della forza del lievito, ma finché non si percepiscono sentori acidi l’impasto è potenzialmente perfetto (anche 30h), specialmente se il lievito è gestito in acqua.

    A fine lievitazione sgonfiare il primo impasto e passarlo in frigorifero un paio di ore (o 40’ di freezer) per poter partire da una base fredda con il secondo impasto.

    Alla fine del primo impasto ricordarsi di preparare il necessario per il secondo impasto (paste aromatiche, emulsioni, uvette, canditi, miele, glasse, etc.).


    Secondo impasto

    Il primo impasto non deve assolutamente aver alcun sentore di acido. Qualora presentasse acidità, ammesso che non sia propriio inacidito, a seconda del loro grado potrebbe essere corretto con:

    1. aggiuntà di latte in polvere (un totale del 3-5% del totale del peso dell’impasto, inclusi gli inerti) in caso di leggera acidità. La percentuale di grassi è ininfluente, è la caseina che riduce acidità;

    2. aggiunta di bicarbonato di sodio in ragione del 0,4-0,5% sulla farina in caso di acidità maggiori.


    3. Se a un certo punto dell'impastamento si nota che l’impasto fa fatica a legare e sta cedendo, aggiungere acqua ghiacciata per riattivare la formazione del glutine. In modo simile, se durante la lavorazione l’impasto si dovesse allentare formando un po’ di liquido fermarsi e freddare immediatamente l’impasto.

      È possibile sostituire fino al 20% del burro totale con la panna liquida, che conferisce un’ottima scioglievolezza e da un sapore di fresco.
      100g burro nel secondo impasto vengono sostituiti con 256 di panna liquida, ricordandosi però di ribilanciare i liequidi (eliminare 156 di acqua dal primo impasto e spostare in percentuale la farina del primo impasto nel secondo).

    Procedimento per spirale:

    1. far girare in prima velocità la farina con il primo impasto fino a che non si forma una buona maglia. Come per il primo impasto, l’incordatura non deve essere a ferro, ma deve solo fare un buon velo (17/25' circa);

    2. aggiungere l'eventuale pasta di canditi (si si modificano le ricette, ricordarsi di ribilanciare gli zuccheri eliminandone il 70% del peso della pasta canditi);

    3. tuorli ed eventuale crema pasticciera;

    4. zucchero;

    5. miele miscelato 24h prima con le scorze di agrumi. Le scorze di agrumi sono molto volatili e la presenza di ossigeno da vita ad un’ossidazione che rende indigeribile il lievitato dopo i 15 giorni. È preferibile miscelarle con il miele per almeno 24h perchè il processo di saponificazione impedisce la non digeribilità derivante dal processo di ossidazione;

    6. sale (va inserito 15/20’ prima di chiudere l’impasto perché rafforza la maglia e consente più facilmente l’assorbimento del burro);

    7. burro a 18°, poco per volta, miscelato con vaniglia ed eventuali paste aromatizzanti (zabaione, caffè, ecc.). In alternativa, qualche giorno prima emulsionare il burro con aromi, miele e paste aromatizzanti.

    8. Terminare con le sospensioni (unte con del burro per omogenizzare la distribuzione) a bassa velocità per evitare di rovinare la maglia al momento dell’inserimento. Se la struttura fosse troppo debole eventualmente inglobare le sospensioni direttamente sul banco con delle pieghe a intervalli di 30’ fino a che non riprende struttura. I canditi devono essere fatti ben scolare dal liquido di governo perché sbilancia gli zuccheri e rischia di disintegrare completamente la maglia glutinica.


    Puntatura, pezzatura e preformatura

    1. Rovesciare il secondo impasto su un piano di marmo (o meglio legno). Fare qualche piega leggera (tipo slap and fold), evitando di far strappare la maglia.

    2. Terminato l’impastamento si fa puntare l’intera massa, operazione che non comporta sostanziali aumenti di volume ma che prepara per la successiva lievitazione. La massa intera produce miglior CO2 e genera maggior calore di una massa già stagliata, risultando in un prodotto migliore.

    3. Transitare in cella a lievitare per 1h a 35° (32/35°) con UR 70-80%. Questo passaggio crea delle micro bolle superficiali che poi andranno a generare struttura una volta proceduto con la pezzatura e pirlatura (si sovrappongono come il pluriball da imballaggio).

    4. Rovesciare su banco di marmo e senza toccare l’impasto farlo puntare 30’ scoperto a temperatura ambiente (18/22°).

    5. Stagliare, dare 2 pieghe leggere tipo stratch and fold (non di più) e dare forma con il tarocco spingendo e trascinando l’impasto (il tarocco deve essere perfettamente perpendicolare rispetto al piano, non va fatto rotolare per obliquo) il tanto che basta per dargli forma (4/5 volte). Non esagerare assolutamente con la tensione in questa fase, perché rischierebbe di creare strappi nella fase successiva. Lasciare scoperto sul tavolo di legno per altri 15/20’ e procedere con la formatura vera e propria.


    Formatura e lievitazione

    Panettone:

    1. Peso delle pezzature: 10% in più rispetto al peso previsto dal pirottino (se non glassato, il peso esatto se glassato).

    2. Formatura: pirlare con decisione chiudendo il sedere per evitare i buchi centrali. Eventualmente aspettare altri 15’ e dare una seconda pirlatura.

    3. Far lievitare fino a che l’impasto a contatto con il pirottino non è arrivato a 1-2cm dal bordo (3-4 cm se nel pirottino basso). In prospettiva si deve vedere una punta di cupola che sbuca.

    4. La temperatura non influenza solo la velocità di lievitazione, ma anche la struttura alveolare del prodotto finito. 27/28° sono una buona soluzione per avere una alveolatura omogenea senza alveoli eccessivamente grandi e molto regolari. Sopra i 30° si ha una lievitazione molto accelerata e alveoli eccessivamente grandi, mentre sotto i 26° si hanno alveoli omogenei regolari ma piccoli. La temperatura incide anche sul consumo di zuccheri; temperature inferiori implicano una maggiore dolcezza e anche una maggiore conservabilità (all’estremo si può far lievitare 14/16h a 18/20°).
      In caso di necessità si può rimandare la lievitazione finale mettendo in frigo coperto da pellicola fino a 12h e poi mettendo direttamente a lievitare al caldo.

    5. A lievitazione effettuata, passare un’ora o due in frigorifero senza pellicola (per evitare che si formi condensa causata dallo sbalzo termico e in modo da formare la pelle esterna).

    6. Fare un taglio a croce con la lametta e scarpare; poi inserire una noce di burro al centro e ricongiungere i lembi sollevati. Nel caso di pirottini bassi (Torino) da Kg (o più) incidere solamente a 8 punte (4 incisioni fino al bordo e 4 intermedie lunghe la metà).


    Colomba:

    1. Peso delle pezzature: 5-10% in meno rispetto al peso previsto dal pirottino.

    2. Partendo da una palla della preformatura:

      1. dare qualche giro di slap&fold, pirlare nuovamente e assottigliare le estremità in caso di formatura a corpo unico;

      2. oppure dividere con un tarocco ogni pezzatura in due parti, una leggermente più grande dell’altra (4/7 per il corpo e 3/7 per le ali). Alzare la pasta e sbatterla sul tavolo spingendo con le mani a formare un cilindro senza inglobare aria. Mettere nello stampo, ali sotto e corpo sopra.


    3. Fare lievitare come il panettone, fino a che l’impasto a contatto con il pirottino non è arrivato a 1 cm dal bordo e passare 1h in frigorifero prima di glassare e infornare.


    Pandoro:

    1. Peso delle pezzature: 10% in più rispetto al peso previsto dallo stampo.

    2. Formatura: pirlare con decisione chiudendo il sedere. Eventualmente aspettare altri 15’ e dare una seconda pirlatura.

    3. Lo stampo deve essere spennellato con un leggerissimo strato di burro di cacao fuso (no burro) spolverato con poco zucchero a velo (passato con il colino solo nella parte bassa e poi sbattuto per eliminare l’eccesso).

    4. Dopo la pirlatura, mettere nello stampo mettendo la chiusura adesa alla parete laterale.

    5. Far lievitare come per il panettone.

    6. Se si vuole rimandare la lievitazione finale è possibile mettere in frigo coperto da pellicola fino a 12h e poi mettere direttamente a lievitare al caldo.

    7. Far lievitare fino a che l’impasto a contatto con lo stampo non sia arrivato a 4 cm dal bordo. In prospettiva non si deve vedere la punta della cupola.

    8. Passare un paio di ore in frigorifero.

    9. Bucare 5/6 volte l’impasto (fino in fondo) per evitare il collassamento.

    10. Dopo cotto attendere che si raffreddi per un’ora, sformarlo e farlo freddare altre 10h prima del confezionamento.

    11. Per toglierlo dallo stampo inclinare lateralmente il pandoro e dare piccoli colpetti sul tavolo ruotando lo stampo.

    12. Se il pandoro collassa al centro è probabile che il lievito avesse un’eccessiva acidità lattica, se raggrinzisce indice di un eccesso di acido acetico.


    Cottura e conservazione

    1. Prima della cottura passare sempre un paio di ore in frigo. L’abbassamento della temperatura irrigidisce il burro che consentirà un maggiore sviluppo in cottura (come se fosse un effetto sfogliato), inoltre i gas subiscono una riduzione del volume, consentendo un accumulazione maggiore che poi espandendosi con il caldo risulterà in un migliore sviluppo.

    2. Evitare di infornare contemporaneamente panettoni di diverse pezzature che cuocerebbero con tempistiche diverse per evitare di aprire troppo precocemente il forno.

    3. Cottura a salire per massimizzare lo sviluppo. Partire con temperature inferiori consente di ritardare la formazione della crosta superiore che bloccherebbe la crescita e mantenere i lieviti vivi più a lungo per ottimizzare lo sviluppo. Attenzione però a partire da temperature troppo basse associate a prodotti infornati molto giovani, perché si formerebbero alveoli molto grandi, soprattutto sotto la crosta, che possono dare vita a bolle o crepe.

      1. Preriscaldare il forno in modalità statica (platea e cielo) a 130° saturando di vapore con un pentolino pieno di acqua. Vaporizzare poca acqua sul lievitato (se glassato la glassa contiene già umidità che consente un maggiore sviluppo), infornare inniettando ancora vapore, abbassare a 120° e cuocere 10’.

      2. Ogni 10’ alzare 130°-140°-150°-160°.

      3. Dopo altri 10’ inserire la sonda e verificare l’avanzamento della cottura.

      4. Se dovesse colorire troppo coprire con carta stagnola.

      5. Cuocere 50/55’ per un panettone da 1Kg. Cottura ottimale 93/94° al cuore (nel caso di panettoni al cioccolato anche 91° perché tende a seccare maggiormente per via dell’assenza di canditi umidi).


    4. A cottura ultimata infilzare con dei ferri e tenere a testa in giù per 8-12h in modo da fare uscire l’umidità in eccesso e fissare alveoli e struttura grazie al raffreddamento del burro.

    5. Imbustare entro le 12 ore nelle apposite buste trasparenti, precedentemente spruzzate con dell’alcool puro.

    6. Consumare almeno 4 giorni dopo la cottura per consentire lo sviluppo di tutti i profumi.

    Una corretta lievitazione è fondamentale per una giusta cottura. Una pasta sviluppata ha la giusta porosità per consentire la fuoriuscita di vapore che, non superando mai i 105°, funge da isolante impedendo al calore del forno di agire velocemente (buona struttura e colorazione). Con impasti mal lievitati la fuoriuscita del vapore è rallentata, con conseguente eccessiva colorazione esterna e interno crudo.

    Salvare un secondo impasto rovinato

    Se l’impasto è stracciato per errori di lavorazione accompagnati da una leggera cidità, provare a salvarlo procedendo con un terzo impasto usando direttamente il secondo rovinato (e senza farlo lievitare). Non si avrà uno sviluppo eccezionale, ma comunque un ottimo lievitato.

    1. Raffreddare moltissimo l’impasto rovinato.

    2. Rimettere in impastatrice a bassissima velocità e aggiungere bicarbonato di sodio (0,4/0,5% sulla farina) e altra farina poca per volta, finché la maglia non riprende struttura. Far lavorare bene (10’ almeno) per far riordinare il glutine. E' fondamentale pesare la farina che si va ad aggiungere.

    3. A maglia ottenuta trattarlo come se fosse un primo impasto e aggiungere uova, zucchero e burro in proporzione alle dosi del primo impasto (per es: il burro del 1° impasto era il 10% della farina del primo impasto; aggiungere burro nell’ordine del 10% della nuova farina inserita; stessa cosa per uova e zucchero).

    4. Se non ce la si fa a mettere tutto perché la maglia non riesce a riprendere alla perfezione, unire solo zucchero in proporzione, una bustina di lievito in polvere e traformare in ciambellone.



    Edited by Milligrammo - 1/6/2018, 10:44
     
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    Magari ve lo siete perso :)
     
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    È vecchia ma era rimasta indietro.... La stagionalità richiedeva un UP! 😬
     
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    Vecchia? Nel senso che quello che c'è scritto è superato? Non credo :)
     
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    Seeeee.... Sempre in evoluzione 😊
     
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  7. Nuraxi
     
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    faccio un UP, a questa mega guida super utile e precisa, con una domanda: quanto può durare il prodotto imbustato con la spruzzatura dell'alcool puro?
     
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    Ciao! La risposta più giusta é DIPENDE!
    Dipende in primis dal lievito, io con un lievito perfetto sono arrivato a 1 mese e mezzo, era ancora morbido e ottimo, solo palati fini (e rompipalle) si accorgerebbero che perde un po di umidità. Se il lievito ha problemi però si secca subito . da qui la mia risposta DIPENDE 😀
     
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  9. Nuraxi
     
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    Grazie. Come sempre sei stato molto gentile e hai dato utili informazioni. Buona pizza
     
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    Bell'articolo... Ma i comuni mortali il malto da 4500 PU dove lo trovano? Quello in polvere da supermercato è intorno agli 8000PU
     
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    Io lo ho fregato al mio panettiere (diamalt) altrimenti usane di meno. Il rossetto credo sia 12000
     
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    In realtà credo che non sia corretto usarne di meno.
    Cioè, usarne meno ti riduce il malto che aggiungi a parità (circa) di enzimi amilasi. No?
     
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    Non credo di aver capito! Se Introduci meno malto diastatico introduce anche meno amilasi. Mi sfugge qualcosa?
     
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    A parità di contenuto di malto, il PU ti dice il potere amilatico.
    Se io riduco la dose del mio malto perché ha un PU più alto, di conseguenza aggiungo anche meno zuccheri.
    Quindi non è proprio uguale.

    Cioè, per esempio, se invece di 100 di malto con PU basso ne aggiungo 50 con PU alto, avrò le stesse amilasi ma meno maltosio.
     
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    Ah ok chiaro ora.
    Si ma a te serve solo il potere amilistico. sono le amilasi che a quanto sostiene montanari riducono il rischio di acidificazione.
     
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25 replies since 29/5/2018, 21:26   4228 views
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